giovedì 15 novembre 2012

Il lupo e la pecora.

Sono tre giorni che ci penso, che a momenti mi viene il sangue acido. Le persone cattive ci sono. Voglio dire, non si tratta solo di persone un po' così. Come un fiore brutto che sboccia sul suo stelo d'invidia e avvelena tutto. Una pianta carnivora che divora tutto. 
Il problema di queste persone è che vincono quasi sempre. Perché sembrano più forti. Perché non si fermano davanti al giusto, allo sbagliato, alle conseguenze. 
L'ho capito da bambina, quando io ero quella più timida, quella più strana. Ho iniziato a comportarmi di conseguenza. Sono cresciuta e ho dentro una rabbia che non se ne va, incatenata fra le costole e lo stomaco. 

venerdì 7 settembre 2012

Legami.



I legami. Si chiamano così perché c'è poco da fare, ti incatenano. 

Io però stavolta ho agito prima, ho ammanettato i sentimenti o così mi piace pensarla.




Quando un legame si spezza, c'è sempre qualcuno di portante che non si fa niente. Chi s'appoggiava, cade. Chi si fidava, dopo non ci crede più. Chi amava, ora si ritrova l'odio come unica forma di difesa. E che vuoi fare, a qualcosa ti devi tenere.

Allora credi all'odio, credi al vuoto e tutto questo diventa il senso delle tue giornate. Il freddo. 



Sì perché fuori fa freddo, in casa fa freddo, nell'anima fa freddo. C'è anche chi sarebbe disposto a riscaldarti anche solo con un abbraccio ma tu hai il tuo odio da coccolare. 

Allora? Cosa scegli?

sabato 1 settembre 2012

La felicità è andata da quella parte.


Che rumore fa la felicità?

Che sapore ha, quando arriverà 
sopra i cieli grigi delle città 
che fingono di essere 
rifugio per le anime?
Corri fino a sentir male,
con la gola secca sotto al sole.  









Sarebbe bello, saperlo. 
La maggior parte delle volte, però, la felicità non fa rumore. Arriva, si siede in un angolo della tua vita e lì sta. Mica la vedi. 

Sai solo quando se ne va. Lascia quel vuoto lì, che cerchi in tutti i modi di colmare. Ma per riempire un vuoto lasciato dalla felicità c'è solo bisogno di altra felicità.

Il mio non è un vuoto ma una voragine. C'è e basta, è lì da sempre. Mi fa sentire inadeguata, sola. 

Un amore un po' forzato non è bastato, anzi ha solo peggiorato la situazione. Ha scavato. 

"Cosa c'è di peggiore di innamorarsi?" l'hai scritto tu. E io t'avrei anche risposto che guarda, tu non m'hai mai amata, guarda che tu non mi hai mai accettata. E di certo non è colpa mia se non sono stata quella di cui tu ti eri innamorato. Ma sul serio, non mi importa più. Ci ho messo un po', eh. Ma l'ho capito che non ne valevamo la pena. Non era come dicevi tu, noi non eravamo più forti di tutto, della distanza, delle parolacce, delle lacrime. Prima di conoscerti ero a pezzi e il risultato qual è stato? Ti sei portato via qualcosa di mio che non riavrò più.




lunedì 27 agosto 2012

Dialogo con l'onnipotente e gli parlo di matite.

Crea post(o).


E insomma, mica sarebbe male crearsi un posto. Dai no, non sono megalomane. Ok, ho qualche delirio di onnipotenza al momento. Ma sai cosa, Dio? Ah sì, prima di tutto mi spiace che non esisti. Beh, un peccato davvero. Dicevo, hai sbagliato tutto. Sul serio.

Perché ci hai fatti così? Perché ci hai fatti coi sentimenti? Perché ci hai fatti coi complessi? Perché ci hai fatti?


... Perché non siamo fatti?, chiederebbe qualcuno.

Beh ad ogni modo, le gomme sulle matite, come disse il mio mentore Lenny, le han fatte perché tutti sbagliano. Che aspetti?

domenica 19 agosto 2012

It's not an empire.

Angelo di Carlo è morto oggi dopo otto giorni di agonia a causa delle ustioni riportate in seguito al suo non troppo discusso gesto di protesta. Era un operaio disoccupato e lo scorso 11 agosto si era dato fuoco davanti a Montecitorio. Si era cosparso di un liquido infiammabile, una scintilla dall'accendino e via.
Si aggiunge quindi un altro nome alla lunga lista di suicidi per protesta, per sfinimento. Dall'inizio del 2012, infatti, sono trentadue gli imprenditori che a causa della crisi si sono tolti la vita. 

La cosa che mi sconvolge di più è il silenzio in cui questi gesti avvengono. E che ne segue. Titoletti da giornale. Qualche dichiarazione dei politici, se va bene e poi basta. Inghiottiti dal nulla.

sabato 18 agosto 2012

L'impegno nel non amore.

Non penso ci sia qualcosa di più brutto di non avere qualcuno di cui scrivere.
Ora potrei andare in strada, rifugiarmi in una libreria, innamorarmi di qualcuno di cui non conosco il nome ma sai cosa? Il problema è che non voglio. 

Sento che non voglio più adattarmi, non voglio più giustificare nessuno per i suoi sbagli, per il suo non essere come va bene a me. Non voglio più prendere qualcuno e renderlo l'idea che io voglio lui sia. Qualcosa lo merito anche io, no? Almeno nell'amore. E se non arriva, aspetterò. Per passare il tempo non ho bisogno di qualcuno che mi baci. Posso disegnare, posso scrivere cose come questa, posso uscire con gli Alt-j tutti sparati nelle orecchie, e camminare da sola cercando di riparami un po' sui marciapiedi all'ombra. Le miei notti insonni lo so passare benissimo per conto mio e poi, diciamocelo, devo ancora finire la maggior parte dei compiti delle vacanze. Ho i miei libri, ho gli amici, ho i film, ho la musica. Perché voi vi impegnate così tanto a innamorarvi?

Pesciolini rossi e disegni

Io lo so che non vi sto cagando nemmeno un po' ma vogliatemi bene, un po' vivo anche io.
Sto scherzando.
Sono occupata a disegnare. Sì, ho iniziato finalmente a disegnare.
Nel frattempo vi lascio i miei pesciolini rossi al lato della pagina. Non fatemeli morire, che devono magnà!

sabato 11 agosto 2012

Mettetevi sotto il tetto perché stasera le stelle vi cadono addosso.


 Per fortuna che c'è la notte di San Lorenzo, se no non avremmo la scusa di metterci in terrazza con un bicchiere di latte e menta per guardare il cielo. 

Ieri sera ho capito qualcosa di importante: ci sono cose che solo a te potrei dire. E non so se c'è qualcuno che mi conosce meglio quando io ti dico dove voglio andare e tu scoppi a ridere «Dai su, chi c'è lì?» e te lo devo dire per forza, chi c'è lì.
E sicuramente il futuro fa meno paura quando lo racconto a te.  Amicizia non ha altro nome se non il tuo.

giovedì 9 agosto 2012

-

In questo periodo niente ha più un senso. Nemmeno quello che non voglio sentire.

sabato 4 agosto 2012

Noi siamo egocentrici come i gatti scappati dai condomini.



(Oggi è un di quei giorni mannaggialccazzo. 
Credo di non essermi ancora svegliata del tutto, ho la testa pesante e le idee ingombranti.)


Penso che la maggior parte di chi si svaluta lo faccia nonostante la propria sicurezza. Voglio dire, c'è sempre quella maledetta ragazzina taglia 38 che sente proprio il bisogno di comunicarti sulla sua bacheca quanto si senta grassa. E le palle girano a chiunque a elicottero. Ma forse non è poi così tanto da condannare.
Voglio dire, ognuno ha bisogno delle sue certezze. Alcuni le cercano nelle rassicurazioni degli altri. Io di sicuro non ho proprio niente e non voglio niente. 
Se hai qualcosa di certo stai pur sicuro di perderlo.

giovedì 2 agosto 2012

Essere capiti vuol dire fare i conti con la realtà.





Oggi mi hai detto che sono una persona dolce solo per cinque giorni al mese.
Devo dire che è bello che per la prima volta qualcuno abbia capito veramente qualcosa di me. E comunque, sarò anche una stronza di prima categoria e hai anche ragione, ma alla fine sei ancora qui.
Non con me, semplicemente qui. Io ci sono, ogni tanto. Quando capita.

mercoledì 1 agosto 2012

Trauma infantile #2: il gatto mangiato dal dragone.

Niente, volevo dirvi che oggi mi sento come il video in HQ sparato a tutto volume nelle cuffie del live al Coachella '12 dei Monkeys. Prendete e bevetene tutti. Non è il mio sangue, ma ci si sbronza uguale: http://www.dailymotion.com/video/xq7wri_arctic-monkeys-full-coachella-set-2012_music

Trauma infantile #2: il gatto mangiato dal dragone. 
Quand'ero piccola la mia vicina aveva un gatto grigio. Stravedevo per quella palla di pelo tanto che avevo chiamato anche un mio peluche come lui: Leo. Leo si arrampicava sul balcone di casa mia e ricordo che la notte in cui stavamo per partire per le vacanze col nostro camper era entrato in camera di mia madre (la quale aveva urlato come una disperata davanti a due occhi illuminati al buio. Satana, mamma. Hai chiaramente visto Satana) e io dissi "ci è venuto a salutare". Avevo cinque anni e tanti ricci. E un gatto grigio che mio non era, ma l'amore lo puoi dare anche a cose non tue, vero?
Nelle serate fredde d'inverno si arrampicava fino al davanzale fuori dalla mia finestra che io però non aprivo mai. Restavo con la faccia appiccicata al vetro per ore, il nasino freddo. E anche lui non se ne andava. Quindi ogni sera io mi arrampicavo sulla sedia e per stare così e lo aspettavo. Anche se non posso ricordare bene con che frequenza questo succedesse, mi piace credere che avvenisse molto spesso. Correvo in cucina dai miei genitori, "mamma, Leo alla finestra!" e sorridevo. Poteva andare meglio?
Quando scendevo in giardino a giocare a palla, papà gli accarezzava la pancia e ogni tanto tornava indietro con qualche graffio. Rideva anche lui. Perché ti ha graffiato, papà? "Voleva giocare". 
Non mi ricordo nemmeno quand'è morto. So che mia madre mi disse che era stato preso. La vicina ebbe altri gatti, ma non li avvicinai mai.

martedì 31 luglio 2012

dlindlon.

Confesso. La prima stagione di Dexter non mi dà tregua. Quando torno a vivere ve lo dico.

sabato 28 luglio 2012

Quando vendetti l'anima al diavolo per delle caramelle. Trauma #1

Informazione di servizio. Ieri mi son detta, va bene tutto, ma ci sarà un motivo se son così. Così come? Eh, così.
 Quindi ecco a voi l'editoriale Traumi infantili. Li presenterò come mi vengono in mente quindi, essenzialmente, a muzzo e quando mi capita.


Trauma infantile #1: IL CATECHISMO.
Credo che andare a catechismo incrementi la percentuale di persone atee. O che diffidano nella Chiesa. O che imbracciano fucili semiautomatici per compiere stragi per vie felici e affollate. 
Allora, io ve lo dico. Mia madre non mi ci voleva portare, a catechismo. Mai. Io invece ci volevo andare. Oh, ma sapete quante caramelle vendevano giù al bar? Ne valeva tremendamente la pena. E quindi niente, avevamo pure il libro. 
Un giorno la catechista entra in aula sconvolta. Davvero, sembrava avesse visto un fantasma. Si mette a parlare e insomma, dice quello che deve dire. Ci parla del suo amico immaginario e a un certo punto ci comunica il motivo del suo trauma: era entrata in un bar e aveva visto una ragazza con l'ombelico di fuori. 
Ecco in quel momento, in quel preciso istante, ho capito una cosa che mi porto dietro ancora oggi. Avevo sette anni e ho capito che io non ero strana: erano tutti gli altri, ad essere completamente idioti.

giovedì 26 luglio 2012

Gli anni di Colapesce.

Mi sembrava giusto farvi sapere che sono in fissa con questa cosa qui e non posso liberarmene da ieri pomeriggio.      



Tra l'altro vi avverto che non so nemmeno perché sto scrivendo in rosso. Dicevo, C'è questa canzone che cantavano in oratorio (sarà per questo che ho sempre creduto che Pezzali fosse omosessuale?) e m'ha sempre fatto un gran cacare. L'altro giorno cercavo in giro per il tubo i Lava Lava Love e mi son ritrovata su questa cover di Colapesce, Eporcapeletta sapete che vi dico? A me fa impazzire.
E quando dico "impazzire" dico che l'iPod me la fa ascoltare da circa ventiquattro ore (considerate che, però, ho dormito cinque ore e poi, diciamo, ho fatto il minimo indispensabile per dire di aver una vita sociale) e ancora non mi stanca. Neppure adesso. Aspettate. No, neppure adesso.


E ve lo dico, io stanotte mi sogno il min 2:15, eh.




Questa canzone potrebbe sollevare i miei dubbi esistenziali, al momento. Su come, ad esempio, chiunque debba vivere la vita e bla e bla e bla, Ma ho altro da fare, e quindi vi dico che mia madre mi doveva concepire dieci anni prima perché a vedere il vinile dei Nirvana nel video m'è venuta una nostalgia di qualcosa che non ho mai vissuto. E come dice righi80 nel commento là sotto: "Ora metto flanella e jeans strappato sul ginocchio e vado a fare le penne in booster al parcheggio dell'esselunga".

mercoledì 25 luglio 2012

Polpette e faccialibro.

Premetto che sto scrivendo questo post in preda alla fame di polpette più totale. Stanno cuocendo. Avete presente quando sentite odore di polpette ma quelle non sono ancora pronte? Pertanto i contenuti deliranti di questo post sono riservati ad un pubblico di soli esseri umani. 'Ché voi potete capire come mi sento ora. Anche i cani, a pensarci su.


Ieri stavo bellamente cazzeggiando in rete quando son finita a guardare "The social network" (sì, quello con quel manzo assurdo di Timberlake). E sapete cosa? Ho rivalutato Facebook. Voglio dire, ma ci pensate quanto le nostre vite siano cambiate?


Per capirlo, stilerò una lista di esemplari presenti costantemente su librofaccia.




Esemplare numero 1: il bimbominchia. Il bimbominchia è un animale che vede come suo ambiente naturale, appunto, Facebook. Si riconosce facilmente grazie alla repulsione che prova verso la sua lingua madre e è solito accoppiarsi davanti a tutti, proprio su questo social network. Un tempo viveva nell'ambiente cavernoso di Netlog ma in seguito ad una migrazione avvenuta qualche anno fa a causa di sbalzi climatici, ce li troviamo in mezzo alle palle anche dove pensavamo di poter vivere in pace.
Il maschio è solito mettere mi piace a foto imbarazzanti mentre la femmina è solita fare le suddette foto.


Esemplare numero 2: il fotografo per noia. Gruppo sempre in espansione, quello dei fotografi per noia acquista sempre più potere. Segno caratteristico: la reflex. Non se ne separano mai. Neppure ar cesso, dove sono soliti farsi le foto davanti allo specchio. Diffidate delle imitazioni: solo i fotografi per noia sanno modificare le loro creazioni con picnik.

Esemplare numero 3: l'hipster. Sempre annoiato l'hipster posta in continuazione canzoni di gruppi che ancora non esistono e foto che gli ritraggono metà faccia. In bianco e nero. Con Instagram. O fotografie in cui ommioddio mica me n'ero accorto che mi stavi fotografando. Ruba di nascosto i vestiti alla nonna e vende gli organi per comprare migliaia di biglietti di concerti solo per fotografarli e successivamente postarli sulla sua bacheca.


Esemplare numero 4: quello senza vita sociale. No, non è nerd. Hanno il QI inferiore alla media del Paraguay e passa la vita a dirci quello che sta facendo. "Hei, ho appena cagato!". Si riconosce facilmente: è quello contro cui dite più parolacce.


Esemplare numero 5: il napoletano. Purtroppo gli studiosi hanno assai poche informazioni sul suo conto. Si sa però che scrive in elfico, le traduzioni dei suoi scritti non sono però al momento disponibili. Non si è in grado di aggiungere altro.


Esemplare numero 6: il latin lover. Il latin lover è quello che dal vivo non cagherebbero nemmeno le zanzare ma che in chat non si esenta dal rugare le palle alle ragazze. Dissemina mi piace ovunque e non mancano commenti imbarazzanti. Perfino sotto a foto di roiti inimmaginabili.
Eppure, nella vita reale, si chiamerebbero maniaci sessuali...


Per ora ho questi in mente. Stay tuned (molto quotata l'opzione "non scriverò più di questo argomento").

venerdì 20 luglio 2012

Allegria!

Stamattina mi sono svegliata e mi sentivo un po' come quando il mio criceto l'anno scorso si è mangiato i figli.  Allegria e buon umore sono gli ingredienti giusti per iniziare una giornata, già. 


Cuore mangia cuore.

venerdì 13 luglio 2012

Dalla selezione naturale alla cattiveria.


« La conservazione delle differenze e variazioni individuali favorevoli e la distruzione di quelle nocive sono state da me chiamate "selezione naturale" o "sopravvivenza del più adatto". Le variazioni che non sono né utili né nocive non saranno influenzate dalla selezione naturale, e rimarranno allo stato di elementi fluttuanti, come si può osservare in certe specie polimorfe, o infine, si fisseranno, per cause dipendenti dalla natura dell'organismo e da quella delle condizioni » - Charles Darwin.
Ma capite la situazione? Anni e anni di evoluzione e io quando vado in giro per strada sono costretta ad avere a che fare con sempre più teste di cazzo. E allora c'ho pensato. Vuoi vedere che tutti questi idioti sostituiranno del tutto noi poveri cristi obbligati a sopportarli? Magari ci sarà un mondo in cui i libri verranno usati solo per pareggiare le gambe del tavolo, si crederà che davvero le canne fan meno male delle Marlboro e che il Vaticano ci salverà tutti. Che poi, fermi tutti. Siete già così. 
E vi credete pure normali.
Come chi sta lì ti guarda e semplicemente ti giudica. Perché vai in giro con i jeans strappati, perché veramente non è che te ne freghi molto di vivere come fanno loro. Come puoi vivere a testa in giù?
Nasci e muori. Nasci e muori. Nasci e muori. Non vivi nemmeno per sbaglio.

Ho questo problema di saltare da un argomento all'altro come un grillo in giro per un giardino. Che poi i grilli sono di un fastidio allucinante.
Beh, comunque, sarebbe un disastro. Dico, sarebbe un disastro se il mondo diventasse così. Intendo più così


Ma, ad ogni modo, siamo in trappola nella nostra stessa natura. Perché puoi fare tutto quello che vuoi per dimostrare il contrario ma non si cambia la verità: siamo tutti cattivi. Marci dentro. Senza nessuna diavolo di anima. Siamo questo, un impasto di carne e un'ingrediente a scelta: rabbia, ipocrisia, malinconia... C'è chi sceglie di non mostrare quello che è davvero. Gli altri sono i pazzi. O gli strani. I disadattati. I poveracci. Talvolta sono tutte queste cose insieme e beati loro.

mercoledì 11 luglio 2012

e gli innamoramenti di dieci secondi.

L'amore che dura dieci secondi.
Sì, avete capito bene: la scintilla che scocca su treni, metropolitane, pullman...


è sicuramente destino!, prima.


Poi non scende alla vostra fermata, oppure per sbaglio lo guardate meglio e fa pure un po' schifo, poi.


E allora niente, affanculo il destino.

mercoledì 4 luglio 2012

io e l'amore.

Io non credo nel "non ti amo più" ma piuttosto nello "scusa, pensavo fosse amore. Mi sbagliavo".

martedì 3 luglio 2012

"Forse tu non te ne sei accorta, ma io ti ho cercata. Ti ho cercata per tutto il tempo, anche quando ti avevo accanto. Ti ho cercata nelle parole sottolineate di un libro, tra i significati di una canzone e in un locale pieno di gente. Ti ho cercata anche quando eri seduta accanto a me, perché sapevo eri lontana. Ti ho cercato talmente forte che alla fine, mi hai trovato."


cit.


'chè a volte bastano parole dette da altri. 

sabato 30 giugno 2012

‎Essere uno scrittore è più o meno come dover fare i compiti ogni notte, per il resto della tua vita.

Lawrence Kasdan


Oggi me ne vado così. Perché sono senza forze. Sono un po' sconvolta da come la vita ti possa ridere in faccia, delle volte.
La memoria gioca brutti scherzi. Quando si invecchia poi, le risate che si fa la vita sono disarmanti. 
Io ti parlo, nonna. Mica ti lascio.


La citazione non c'entra. Ma non importa. Oggi no.

giovedì 28 giugno 2012

Vogliono uccidere Federico Aldrovandi ancora un migliaio di volte.

Ricorderete l'omicidio di Federico, lo studente diciottenne che il 25 settembre 2005 morì per arresto cardio-respiratorio e trauma cranico-facciale, sotto i manganelli spezzati di quattro poliziotti. Si dice che il ragazzo avesse assunto sostanze stupefacenti, che potevano comunque procurare uno sballo leggero e di breve durata.
I poliziotti lo descrivono come un "invasato violento e in evidente stato di agitazione" e dicono di essere stati aggrediti dal giovane.
Federico aveva diciotto anni. Muore con 54 lesioni e ecchimosi ma i poliziotti insistono, per loro è stato un malore. La perizia del magistrato afferma che la causa del malore è un'overdose di eroina (sostanza presente nel corpo di Federico ma in modo poco significativo). Ma allora se Federico aveva abusato di eroina, perché era così agitato come raccontano i poliziotti? L'abuso di oppiacei, infatti, comporta torpore, non certo euforia. 
I quattro poliziotti vengono scritti nel registro degli indagati. Nel novembre 2006 viene escluso il collegamento fra le sostante assunte da Aldrovandi e la sua morte. 
Il 21 giugno 2012 la Cassazione rende definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi per i quattro poliziotti i quali, chiaramente e ingiustamente, non rischiano nemmeno un giorno di carcere in quanto 3 anni sono coperti dall'indulto. 


Ma non gli è bastato. Federico non è morto solo una volta. Federico viene ucciso ancora ancora e ancora, dalle parole.
«Che faccia da c... aveva sul tg, una falsa e ipocrita, spero che i soldi che ha avuto ingiustamente (2 milioni di euro, risarciti dal ministero degli interni alla famiglia Aldrovandi, ndr) possa non goderseli come vorrebbe, adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie» sono le parole assurde di Paolo Forlani, uno degli agenti condannati per l'omicidio di Aldrovandi sulla madre del ragazzo. E gli insulti continuano (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2012/06/26/pop_aldovrandi.shtml). Oltre a espressioni come "vergognatevi comunisti di merda" (sostengono, infatti, che il loro, oltre ad essere un processo mediatico sia anche un caso politico perché gli inaccettabili fatti si sono svolti a Ferrara che viene definita "città rossa come la bandiera sovietica"), che sembrano leggerezze in confronto a quello che si scrive su Federico e sua madre, non passano inosservate le parole di Sergio Brandoli e dello stesso Forlani. Federico viene definito non un uomo, ma un "cucciolo di maiale" male allevato dalla madre.
Io non sono indignata, io sono schifata. Mi gira la testa e mi viene da vomitare. Federico aveva diciotto anni. Ha sbagliato, ha assunto sostanze stupefacenti. Federico è stato punito, l'hanno ammazzato (perché alla fine è così che dice la sentenza definitiva della Cassazione, no?) ma a loro non basta. A loro non basta avergli spaccato addosso due manganelli, uscendone relativamente impuniti. Non si limitano ad urlare al mondo la loro innocenza, devono insultare idee politiche e uccidere ancora Federico.
Io sinceramente ho paura. Ho paura dell'Italia che si volta dall'altra parte e dice: "era solo un drogato". Non era solo un drogato, era Federico. Le cosa fanno più male quando hanno un nome, vero? Perché se dici "era solo un drogato", sembra facile, sembra anche legittimo. Se invece dici "era Federico. Aveva diciotto anni. Viveva a Ferrara." ecco che le cose cambiano, non puoi mica scappare da parole così. Ci sei dentro. Perchè Federico viveva, ma ora non più. Ma c'è un'Italia che non vuole essere dentro le cose, vuole solo commentare quello più vicino e più comodo. Io ho paura di questa parte dell'Italia e mi piace pensare che sia solo una piccola briciola, insignificante. Ho i brividi per lo schifo che si può raggiungere.

lunedì 25 giugno 2012

Should I stay or should I go?


Always tease tease tease,you're happy when I'm on my knees.One day is fine, next day is black.
So if you want me off your back,
well come on and let me know.



Ecco. Io sono un po' così. Diciamo che un po' te la sei cercata, però. 
«Did I lose you?» Cosa vuoi che ti dica. Può darsi.
Perché sai, ci si stanca anche di non essere mai presi sul serio, di essere un passatempo.
Ci si stanca semplicemente, un giorno ti alzi dal letto a metà pomeriggio e pensi, io mi arrendo. Perché dopotutto ho sedici anni, dopotutto non faccio nemmeno così schifo come credevi tu. E allora ho pensato, basta.
Che strana parola "basta". Sa confondere, è ipocrita. Per questo mi piace.
Basta con questa storia.
Basta con questa vita.
Basta gridare, smettila.
Basta sperare, è inutile.

Ma anche,
basta la nostra storia.
Mi basta la mia vita, va benissimo così.
Basta gridare, starai meglio.
Mi basta sperare, magari si avvera.

E allora io quando ti dico basta, cosa voglio dire davvero?

lunedì 18 giugno 2012

18 giugno /


Dici l'amore uccide
sono morto più di venti volte,
te continuerai a fuggire,
dimmi quand'è che mi diventi forte,
tieniti forte, quando tutto quanto crollerà
questa sabbia non basterà
contro il fuoco che hai,
so che è meglio se vai
però spero che resti, mi ami ma mi detesti.




Fa male l'amore, eh? Un casino di persone dicono che però ne vale la pena.
Insomma le lacrime, i denti stretti, i pugni al muro, tutto il veleno ingoiato vale un bacio. Un solo bacio.

 Io forse sono sbagliata, però.
Io non so perché ma di lottare non ho più voglia. Non ho più voglia di prendere treni, di pensare bene a quello che devo dire.
Non mi va di essere di qualcuno.
Eppure. Eppure forse.
Mentre ci penso mi arriva un tuo messaggio, «Guarda che ho capito che non ti vado a genio», e io ti vorrei rispondere in sacco di modi.
Ti vorrei dire che, guarda, non hai capito proprio niente. Che forse è vero, ogni tanto mi stai un po' sul cazzo ma comunque non mi importa. Io ti voglio qui.
Ti vorrei dire che sono passati nove mesi, più di duecentosettanta giorni ad aspettarti, e che io queste storie proprio non me le merito.
Potrei scriverti tante di quelle parole. Ma alla fine, come sempre, scelgo la risposta più vigliacca. «Ma che cazzo dici?». Ma che cazzo dici, eh? Il mare ti dà alla testa, hai i granelli di sabbia fra i ricci. E poi hai me, incastrate nei pensieri. Lo capisco da come parli, da come ci accarezziamo le mani nel mezzo dei tuoi discorsi.
L'altra sera ti ho detto «Siamo teneri.» e tu sei scoppiato a ridere. «Siamo pessimi, eh...» ho aggiunto poi. Perché la verità ci fa sempre ridere.
In realtà eravamo bellissimi. Ma mi sembrava stupido dirlo.


venerdì 15 giugno 2012

Perchè?





Cominciamo dall'inizio.
Qualche mese fa un amico mi ha consigliato di aprire un blog. «Potrebbe farti bene.» Ma io non ho niente da raccontare. In realtà ho sempre un fiume in piena di emozioni da esprimere, ma quasi mai trovo il modo e la voglia di esprimerle.


E adesso?
Non lo so. Sarà l'estate. Sarà che ho un casino di tempo da buttare e allora? Allora scrivo. Questo blog per me è l' "impresa". L'impresa perché io non concludo mai nulla, lascio tutto a metà, sono pigra. E allora è una sfida, una distrazione, uno sfogo.
Fatemi provare, almeno.


Ma quindi?
Quindi eccomi qui. Una sedicenne (vorrei dire diciassettenne ma non posso, lati negativi del fare gli anni a Dicembre, con la neve che scende fuori, e le persone che con la scusa che si è sotto Natale ti fanno un unico regalo - come se me ne importasse molto poi, del regalo) abbastanza problematica (che novità, direte). A pensarci la mia vita non è diversa da quella di voialtri, divisa tra liceo e quelle poche amicizie vere che decido di coltivare. Ma è come se qualcosa mi rovistasse lo stomaco, ogni tanto. Qualcosa che mi dice «Tu non sei come la maggior parte di questi, tu pensi con la tua testa». Complessi di superiorità. Che poi, io, non penso con la testa. Penso con il cuore, con la pancia, a volte anche con la bocca. Con la testa mai.
A volte, la sera, quando davvero ho troppi pensieri per la testa e non ce la faccio proprio più, mi racconto una favola della buonanotte. Anche se poi prima delle due non prendo sonno. Anche se alla fine non è mai una favola, perché la principessa scopre di non esistere o il principe azzurro si perde in un bosco. 
Mia mamma mi ha appena montato una nuova mensola per i libri, sono mesi che non ci stanno più nella libreria. Allora inevitabilmente si ammassano, si impilano, un po' si incazzano pure lì per terra. Che ci posso fare? Ne leggo troppi. La vita vera mi fa paura, mi piace più vivere fra le pagine, fra le vite che vivono gli altri. 
Mi piacciono tante cose. Le ciliegie (quante ne mangerei!), i sorrisi, le penne rosse, i pastelli a cera. Ma c'è una cosa che, fra tutte, preferisco. La verità. La verità è bella perché è pura, come i bambini. Le bugie non mi piacciono, sono sporche. La verità graffia, ma la bugia uccide. Io voglio combattere per questa verità, in un paese come il nostro in cui sembra un'utopia.